Dopo tre anni di quasi totale immobilità, serve uno tsunami digitale per decretare la chiusura di Google+, il social network di Google che nonostante tanti sforzi non ha mai convinto del tutto.
Cosa è successo? E cosa succederà ora nell’ecosistema digitale?
Le tappe di Google+
Procediamo con ordine. Nel 2011 Google+ nasce per sfruttare l’enorme mole di utenti (Gmail, etc.) e quindi per contrastare la crescita spaventosa di Facebook. Google non tiene però conto che l’onda è ormai alta, che arriva anche Instagram, che le piattaforme di messaggistica diventano insostituibili e che anche Linkedin risorge dalle ceneri.
Tutti questi fattori hanno relegato Google+ ad una piattaforma di “nicchia” nonostante le centinaia di milioni di utenti. Nicchia, perché viene sfruttata soprattutto da alcune categorie di professionisti (consulenti marketing, videomaker, geek in generale) che trovano la chiave di lettura per utilizzare a pieno le grandi funzionalità: dalle Community, alla pubblicazione avanzata dei contenuti, all’integrazione con altri servizi Google.
Nonostante ripetuti investimenti e l’aggiunta di funzionalità, Google+ non è mai riuscito ad arrestare l’avanzata di Facebook, utilizzato dagli utenti per un approccio più personale e che ha sfruttato bene un’interfaccia più semplice.
Cosa è successo
Recentemente si è scoperta una falla che avrebbe consentito ad hacker di violare i dati di 500.000 utenti Google+. Un’inchiesta del Wall Street Journal ha svelato che Google sapeva da mesi di questa falla ma non lo ha comunicato, temendo uno scandalo sulla scia di quello che ha coinvolto Facebook e Cambridge Analiyca.
Appena uscita la notizia del Wall Street Journal, Google ha annunciato la prossima chiusura, si parla entro il 2018, dei servizi “consumer” di Google+.
Restano quindi attivi quelli business che consentono la conversazione tra colleghi, anche se è difficile immaginare che molti utenti continuino a fidarsi della piattaforma.
Il futuro per Google
Soprattutto tra gli addetti ai lavori si attendeva da parte di Google un annuncio contemporaneo, come “Abbiamo deciso di chiudere Google+ per questi motivi ma faremo questo”. L’annuncio non è arrivato e da una parte continua a marcare la difficoltà con la quale Google ha sempre affrontato questo mercato. Dall’altra, forse, è una scelta strategica aspettare ad annunciare qualcosa per far riprendere prima la fiducia degli utenti.